A fine dicembre 2015, la Toscana contava la presenza di circa 7200 immigrati nella regione. Questo numero è aumentato nel corrente anno avvicinandosi a 9000.
I rifugiati sbarcati in Italia nel 2016 provengono soprattutto da Nigeria, Gambia, Somalia, Eritrea, Guinea e Costa d’Avorio. A prescindere dal paese di provenienza, ad accomunare i migranti non è il lungo viaggio che li ha portati in Italia. E’ piuttosto quel percorso verso la speranza di una vita migliore. Una vita lontana dalla guerra, dalla completa povertà, dalle minacce di morte per motivi religiosi o politici, dalle torture subite per le discriminazioni razziali.
Si tratta di persone che, molto spesso dopo aver visto morire la propria famiglia, hanno deciso di allontanarsi dalla propria casa per sopravvivere. Per farlo hanno attraversato diversi Stati in cerca di una “possibilità” per ricominciare. Va sottolineato che una buona parte di queste persone, non ha nemmeno scelto volontariamente di imbarcarsi per l’Italia, anzi è stata obbligata, con minacce di morte e talvolta bendata, a salire su una barca senza sapere quale fosse la destinazione del viaggio.
La maggior parte degli immigrati arriva così nel nostro Paese, dopo aver subito innumerevoli traumi sia fisici che psicologici. Giunge nelle coste italiane dopo essere stata derubata, incarcerata e costantemente maltrattata per motivi razziali. Per alcuni di quelli che hanno ancora dei familiari viventi nel paese d’origine, è difficile, e talvolta impossibile, mettersi in contatto con loro. Sono costretti quindi a vivere chiedendosi ogni giorno quale sia la condizione in cui si trovano i propri cari, senza sapere se mai rivedranno la propria moglie o i propri figli.
Questo è ciò che ho potuto constatare dall’inizio della mia collaborazione, presso l’Associazione Differenze Culturali e Nonviolenza Onlus di Firenze, i cui progetti sono coordinati e supervisionati dalla dott.ssa Maria Assunta Lucii.
Lavorare per l’integrazione
Il sostegno psicologico di cui mi occupo nell’ambito dell’immigrazione ha molteplici valori. Tra questi, il recupero della propria dignità come persona dopo le torture subite, il contenimento del disagio provocato dai traumi (ansia, depressione ecc.), il mantenimento di un legame emotivo con le proprie origini, il supporto nell’incontro con una nuova cultura.
Reality Magazine, n.4/2016, Dicembre – “Sostenere l’integrazione“, Dott.ssa Costanza Cino